Antonio Gramsci
Post originale: Cronache Torinesi, pp. 600-3.

Socialismo e cooperazione (1916)

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Firmato Alfa Gamma; «L’Alleanza Cooperativa», anno X, n. 116, 30 ottobre 1916, D. 4. Nuova attribuzione. «L’Alleanza Cooperativa» — periodico mensile pubblicato per cura dell’Alleanza cooperativa torinese — era un bollettino con funzioni organizzative pubblicato dal 1906, che assolveva anche il compito di soddisfare alcune elementari esigenze di informazione politica e culturale degli organizzati.


L’economista ufficioso del nazionalismo italiano, prof. Alfredo Rocco, è persuaso di aver demolito per sempre il programma collettivista del socialismo con questa formidabile obbiezione: l’Italia ha una ricchezza che oscilla fra gli 80 e 100 miliardi; orbene, i salariati sono in cosí stragrande maggioranza di fronte ai capitalisti, che se i frutti della produzione venissero spartiti collettivisticamente, l’aumento di benessere per gli umili sarebbe minimo, e non certamente tale da giustificare la crisi che il trapasso da un regime all’altro apporterebbe con sé. [1]

L’obbiezione è puerile perché il socialismo non tende a risolvere solo il problema della distribuzione dei prodotti. La giustificazione morale del nostro sforzo e della rivoluzione che sarà determinata da esso, è invece proprio data dal la certezza, acquistata dal proletariato attraverso la critica dei modi attuali di produzione, che il collettivismo servirà ad accelerare il ritmo della produzione stessa, eliminando tutte le cause artificiose che ne limitano il rendimento.

Tra queste, non ultima e non delle meno importanti, è l’individuarsi casuale della ricchezza, il coincidere spessissimo della persona del capitalista con quella dell’industriale, anche se costui non ha l’intelligenza e la competenza tecnica richiesta dal compito che socialmente è chiamato a svolgere. A questa immoralità del caso è riuscita a rimediare in parte la stessa organizzazione borghese. Le Banche, le Casse di risparmio tendono appunto a radunare il capitale degli inerti per darlo a gestire ai piú audaci ed attivi. Piú modernamente le società anonime, le quali, detto cosi all’ingrosso, non sono altro che cooperative di produzione a scopo di maggior sfruttamento e migliore utilizzazione del capitale, rappresentano ciò che di meglio l’organizzazione borghese può dare per eliminare la monade capitalistica, per scindere l’elemento tecnica dall’elemento capitale. Sono perciò un esperimento sociale della massima importanza per il socialismo perché servono a rendere sempre piú manifesta la verità che il capitalista non è affatto necessario e che lo spirito d’iniziativa, lo slancio vitale economico non viene mortificato dal fatto che gli amministratori, i tecnici di un’azienda sono dei semplici stipendiati e non degli interessati fino all’ultimo centesimo al rendimento.

Se queste forme di cooperazione capitalistica sono tendenzialmente buone prove della concretezza della propaganda socialista, a maggior ragione lo sono le cooperative di consumo, le quali, come l’Alleanza Torinese, hanno acquistato una marcata impronta di classe e sono strettamente legate allo sviluppo del proletariato.

Il consumo è campo relativamente neutro dell’attività sociale. Il popolo si scinde in due classi in funzione alla produzione, non al consumo. Solo politicamente, non economicamente, anche il consumo può diventare campo di lotta, in quanto lo Stato, ente governativo ed esecutivo della borghesia capitalistica, col protezionismo, con le barriere doganali regola il consumo sulla produzione del capitalismo nazionale. Ma consumatori sono tutti: e tutti, eccettuati quei pochi che del consumo hanno fatto la loro speculazione, si trovano ad essere qualche volta solidali contro gli inasprimenti ed i rincari, salvo a distinguersi per i metodi di lotta e per i fini politici che ognuno per conto suo attraverso anche quella lotta, vuole raggiungere. Perciò, date queste interferenze sociali in funzione al consumo, non si può certamente affermare che la cooperazione sia nella sua essenza socialista, e sarebbe ingenuo e criminoso far credere che essa esaurisce il programma socialista.

Ma, anche a prescindere dagli enormi vantaggi che le cooperative apportano a tutti i consumatori (i quali sono stati cosí bene messi in luce da O. P. in uno dei numeri scorsi [2]), le cooperative del tipo dell’Alleanza sono dei grandiosi esperimenti attraverso i quali si affina il senso di responsabilità sociale dei socialisti. Per esse si potrebbe ripetere, e ben piú a ragione, le parole d’entusiasmo che Giorgio Sorel usava ai bei tempi per esaltare l’opera ricostruttiva dei sindacati operai. [3] Perché esse sono un tentativo di presa di possesso della realtà economica socialista; risentono, purtroppo, di tutto il disagio di trovarsi incuneate in un tronco eterogeneo, cui per necessità di vita e di sviluppo si adattano in parte e da cui pertanto sono in parte plasmate, ma vibrano anche di vita propria a stento contenuta, e provocano squarci insanabili.

Del resto neppure il capitalismo è nella sua essenza storica borghese; in realtà è una superstruttura borghese, è la forma concreta presa dallo sviluppo economico qualche tempo dopo l’affermarsi come potere politico della nuova classe, per lo sforzo che questa fece per piantare sempre piú solidamente le sue radici nel mondo. E come i nuclei economici, potenzialmente capitalistici, sorti prima dell‘89, per il disagio in cui vivevano soffocati dal restante organismo feudale, furono i primi cunei che squarciarono il feudalismo; cosí i nuclei economici creati e alimentati dal proletariato a fine di classe nel centro stesso della società borghese, possono diventare una leva potente per far saltare quest’ultima.

Da questo punto di vista anche le cooperative di consumo possono, purché si voglia, acquistare valore rivoluziona rio. Esse sono, anche nella forma attuale, una specie di saldatura tra il presente e l’avvenire. Sviluppate, rafforzate, moltiplicate, diventeranno tante armi puntate contro l’organismo borghese. Come la guerra attuale si differenzia da quelle passate per il fatto che assorbe interamente l’attività nazionale, cosí la rivoluzione proletaria si differenzierà da quella borghese per l’immediata, profondissima ripercussione che avrà sull’attività internazionale. Perciò, quanto piú numerosi saranno questi organi di consumo che il proletariato riuscirà a creare, tanto piú facilmente esso supererà la crisi terribile che accompagnerà e susseguirà l’atto della sua emancipazione.


[1] Cfr. Alfredo Rocco. Che cosa è il nazionalismo e che cosa voeliono i nazionalisti, a cura del Gruppo nazionalista padovano («Piccola biblioteca di propaganda nazionale diretta dal prof. Alfredo Rocco dell’Università di Padova», n. 1), Padova 1914, p. 33; poi raccolto in Alfredo Rocco, Scritti e discorsi politici. 1. La lotta nazionale della vigilia e durante la guerra (1913-1918), prefazione di Benito Mussolini, Giuffrè, Milano 1938, pp. 67-89. 

[2] Cfr. O.[ttavio] P.[astore], Il valore socialista della cooperazione, in «L’Alleanza Cooperativa», anno X, n. 112, 2 giugno 1916, e Il prossimo avvenire, ivi, anno X, n. 114, 1° agosto 1916. Dal 1° febbraio 1916 la direzione e redazione della rivista era stata assunta da una commissione formata da O. Bertero, V. Bianco, U. Scaletta e O. Pastore, con una certa preminenza, sembra, di quest’ultimo. E in questo periodo che si colloca la collaborazione di Gramsci. 

[3] Cfr. G. Sorel, L’Avenir socialiste des Syndicats, in «L’Humanité nouvelle», marzo-aprile-maggio 1898, poi raccolto in Matériaux d’une theorié du prolétariat, Rivière, Paris 1919. Fra le varie citazioni possibili, si vedano in particolare le ultime parole del saggio (tradotto nel 1903 da «L’Avanguardia socialista»): «Pour résumer toute ma pensée en une formule, je dirai que tout l’avenir du socialisme réside dans le développement autonome des syndicats ouvriers».

Gramsci osserverà in seguito che il meleo vitale del pensiero di Sorel era «l’affermata esigenza che il moto proletario si [esprimeva] in forme proprie, [desse] vita a proprie istituzioni» (cfr. Cronaca, in «l’Ordine Nuovo», anno I, n. 21, 11 ottobre 1919, ON, 461).